Boudoir is Rock!

Qualcuno può pensare che il titolo sia un azzardo. I due termini possono coesistere tra loro? Vediamo di approfondire.
Solitamente il genere Boudoir è inteso come la valorizzazione della donna con una connotazione accentuata della sua sensualità, eleganza, ed è proprio quest’ultima componente che differenzia questo genere fotografico dalla fotografia erotica, in cui il sottinteso lascia il posto all’esplicito e al dichiarato.

Partendo dal presupposto che stiamo parlando di arte, perchè la fotografia è arte, intesa come espressione personale dell’immagine della donna e di ciò che ci sta intorno, (o almeno così dovrebbe essere per me), arrivo alla conclusione che il Boudoir che voglio rappresentare è fortemente Rock.
Senza saperlo, già nel 2016, quando ho pubblicato il mio libro Fotografia Boudoir, nell’introduzione ho scritto “Il Boudoir per come lo intendo io è una forma di libertà sottile e potente: non si tratta di fotografare la donna svestita per assecondare il desiderio dell’uomo, bensì la donna si vuole far fotografare così com’è, con le sue peculiarità e le sue imperfezioni, si autocelebra in modo sano, autentico, libero e lo fa per se stessa in modo orgoglioso, fiero, spesso dopo aver passato anni a criticarsi, non accettarsi, o a lottare contro malattie gravi. Per questo motivo ho voluto utilizzare proprio la libertà e la forza irriverente del Boudoir per affrontare tematiche sociali, troppo spesso dimenticate o insabbiate, come Boudoir Disability, cancro al seno, la sensualità nelle donne oltre i 60 anni, etc

Se per ROCK intendiamo la libertà di essere se stessi, indipendenti e liberi di poter scegliere chi essere, andando anche contro gli stereotipi che ci impone la società; open mind, aperti mentalmente, non soggetti a schemi e pregiudizi; ambiziosi e determinati nel farci rispettare per ciò che siamo, senza farci incasellare in etichette o assecondare il prossimo, annullandoci o modificandoci, beh allora la fotografia Boudoir che faccio e che voglio insegnare è proprio rock !
Ancora oggi, 2020, pur vivendo 24h su 24 assuefatti all’immagine sexy ed erotica della donna, come mezzo per attirare l’attenzione verso un servizio o un prodotto commerciale, si fa fatica a concepire che la donna usi intenzionalmente il suo corpo per ricercarsi, conoscersi, autocelebrarsi, giocare, senza passare per esibizionista, egocentrica, poco di buono. Qual’è la differenza sostanziale non accettata? Il destinatario del suo mostrarsi: se stessa e non l’uomo.

Non basta più parlare di autostima, terapia, amor proprio, concetti insiti in questa fotografia che appare esteriore, ma che ha invece un valore psicologico ed intimista molto più profondo di altri generi fotografici, se dopo 10 anni (periodo in cui ho iniziato a diffondere questa fotografia in Italia) i cambiamenti tardano a concretizzarsi. Credo bisogna parlare sempre più alla pancia delle persone, uomini e donne ed è per questo motivo che userò da oggi il termine Boudoir Rock. Mi piace e lo sento molto attuale.

CHI SONO

Mi sono avvicinata alla fotografia senza una motivazione conscia, ma col tempo ho capito che niente avviene per caso.
Ho sofferto di disturbi alimentari per 13 anni, mi sentivo inadeguata ogni istante della giornata, ero riservata, timida e se potevo mimetizzarmi con le pareti ero felice. Al contempo ero molto arrabbiata, quindi l’unica persona con cui potevo sfogarmi ero io. Sono stata male, caduta, rialzata, ho lavorato molto su me stessa e sono guarita dai disturbi alimentari, ma ancora non mi conoscevo e passavo il tempo ad assecondare gli altri nell’essere una persona diversa da ciò che ero.
Nel 2010 ho comprato una fotocamera, ho iniziato a fotografarmi usando l’autoritratto per far uscire le emozioni che avevo dentro e che non ero in grado di esternare attraverso la parola. Ho iniziato a fare una ricerca dentro di me per capire chi ero o chi volevo essere. I primi autoritratti sono intensi, arrabbiati, provocatori, un pugno all’obiettivo.
Negli anni, con paura e timidezza, ho lavorato anche sulla mia femminilità e su quella delle donne che sentivano in me un tramite per svolgere lo stesso lavoro su se stesse. Sono passati 10 anni e con stupore, amore, pubblico il risultato di ciò che sono oggi, attraverso la forza irruente ed irriverente del boudoir che applico su di me e sulle donne che si rivolgo a me, in Scuola di Boudoir.

Micaela

Libertà e Forza irriverente

Il Boudoir per come lo intendo io è una forma di libertà sottile e potente: non si tratta di fotografare la donna svestita per assecondare il desiderio dell’uomo, bensì la donna si vuole far fotografare così com’è, con le sue peculiarità e le sue imperfezioni, si autocelebra in modo sano, autentico, libero e lo fa per se stessa in modo orgoglioso, fiero, spesso dopo aver passato anni a criticarsi, non accettarsi, o a lottare contro malattie gravi. Per questo motivo ho voluto utilizzare proprio la libertà e la forza irriverente del Boudoir per affrontare tematiche sociali, troppo spesso dimenticate o insabbiate, come Boudoir Disability, cancro al seno, la sensualità nelle donne oltre i 60 anni, etc