Fino al 2016 nei libri di settore, riviste, ricerche su Google, il Boudoir veniva rappresentato solo con donne molto belle fisicamente, in alcuni casi molto truccate e molto ritoccate, offrendo un’idea di donna quasi perfetta. L’unica concezione che forse si faceva verso la donna “comune” era nei siti americani in cui venivano ritratte anche le donne con alcuni chili in più.
Quando ho deciso di realizzare il progetto Boudoir Disability ho fatto un’accurata ricerca constatando che sensualità, fotografia e disabilità erano 3 elementi che fino a quel momento non potevano coesistere insieme: nell’immaginario della gente, non solo in Italia ma proprio in tutto il mondo, accantonando un attimo il discorso cattiveria, bullismo, discriminazione, una donna o un uomo con disabilità proprio non si riusciva a immaginare che potesse essere sexy, tanto più in lingerie nel caso di una donna.
Quando Valentina Tomirotti mi ha contattato su messenger , mi stavo già occupando da diversi anni di fotografare in modo sensuale/sexy le donne senza esperienza di posa che mi commissionavano un servizio, e sebbene mi avesse chiesto delle foto di altra natura e vestita, ho trovato normale, naturale proporre ciò che già facevo con tutte le altre donne, con l’aggiunta non lo nascondo, di due caratteristiche che ci contraddistinguono a me e a Valentina: l’ironia e la provocazione.
Fino al 2016 le uniche foto fatte a donne con disabilità dallo stile sensuale erano sicuramente molto più coperte e dove la stampella non si vedeva nella fotografia o la donna era su un letto ma se non leggevi il testo non si capiva che aveva una disabilità.
Ognuno ha il proprio stile e la propria comunicazione, io sono per il dire le cose in modo sincero, onesto, esiste parliamone! tanto più se vuoi informare non puoi fare le cose a metà ed è per questo che sono sempre stata contraria a campagne sociali dove la stampella veniva nascosta, perchè il messaggio così facendo era ambiguo e potevi capirlo solo leggendo il testo, quindi la fotografia aveva perso la sua efficacia.
Grazie al progetto Boudoir Disability che ha avuto riconoscimenti nazionali e internazionali, sia prima con Valentina Tomirotti, sia poi con le donne che l’hanno seguita nelle mie campagne di sensibilizzazione, si è potuto rappresentare una donna che esiste nel mondo, che ha le sue esigenze di essere donna, esigenze di voler essere sensuale, di avere una sana e soddisfacente sessualità, di essere considerata a tutti gli effetti normale, anche se ad esempio una malattia o un incidente all’improvviso della loro vita l’hanno fatta ammalare o decidere di amputare una gamba. E’ rimasta donna.
Ho voluto utilizzare proprio la libertà e la forza irriverente del Boudoir per affrontare il tema della disabilità associata alla sensualità da troppi discriminata; un progetto sociale che ha cambiato non solo il modo di “vedere” le donne con disabilità ma la fotografia Boudoir stessa.
Se prima infatti il Boudoir era una fotografia di nicchia, oggi risulta popolare ovvero per tutti. La Libertà di poter essere se stesse in modo autentico senza sottostare ai clichè imposti dalla società, per una volta ha prevalso.
Ma come in un altro articolo parlavo della distinzione tra sensualità, erotismo, pornografia e ciò che non è tanto cosa si fotografa ma il come si fotografa, anche qui apro ad un’ulteriore riflessione.
Prima di fare campagne sociali pongo molta attenzione su cosa voglio comunicare e a chi voglio rivolgermi. Se voglio stordire, spaventare, incuriosire, avvicinare. Il mio modo di fare campagne sociali è diretto, ti mostro subito quello che tutti hanno timore di guardare, non mi nascondo e non nascondo il soggetto, ma ciò che secondo me fa la differenza è il modo : non spavento, non drammatizzo, non punto i riflettori su cicatrici, tagli, ma accompagno lo spettatore per mano e gli do il tempo di realizzare e dopo se vuole approfondire. E’ una scelta mirata, decisa perchè il mio scopo appunto è avvicinare e non allontanare spaventando.
Domani sarò all’università di Siena, all’evento “Comizi d’amore” e parlerò insieme all’illustratrice di arte erotica Luisa Cittone, nome d’arte Supercittons del potere della fotografia e dell’arte nella comunicazione, nell’immaginario della donna e nella società. Un dibattito aperto con i ragazzi dell’università sulla femminilità, sulla sessualità, sulla disabilità e sulle campagne sociali, l’importanza della comunicazione in esse.
Ho visto la fotografia di Kirstie Ennis, (la 1° sotto) uno straordinario esempio positivo di donna e seppur bellissima in termini di sensualità, luce, gioco cromatico, mi ha infastidito, allontanato, ritratto. Mi sono confrontata con altre persone ritenendo di essere forse troppo sensibile come operatrice del sociale, tuttavia mi hanno confermato la stessa reazione di disagio.
Uno potrebbe dire “l’importante è che se ne parli ” ma è sempre vero ?
Io penso che una campagna sociale debba avere come unico scopo informare, ma per informare con il testo allegato, portare a leggere il contenuto alle persone, ci devi arrivare, se queste si ritraggono e chiudono prima e magari si rafforza l’idea di chiusura mentale verso certi temi, addirittura potrebbe essere controproducente la campagna sociale.
Occupiamoci sempre di informare, ma non sottovalutiamo l’effetto che può creare sul pubblico. Poi ovviamente ognuno ha il proprio stile.
Sotto alcune fotografie Boudoir sociali






L’ha ripubblicato su FOTOGRAFIA BOUDOIR ITALIA magazine.
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