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Tutorial : 10kg in più o in meno a seconda di come scatti

Nei corsi che tengo di fotografia Boudoir o sui libri pubblicati, mostro come un soggetto può apparire snello o grosso a seconda di vari fattori, come la lente usata, la distanza e altezza che si tiene dal nostro soggetto, le pose.
L’errore più frequente è quello di pensare che un corpo non cambi, in realtà può variare veramente tanto a seconda di chi fotografa, tutto sta nell’osservare i punti forti e i punti da nascondere affinchè il soggetto venga valorizzato al meglio.
In questo momento in cui non è possibile tenere corsi a causa del coronavirus, ho ritenuto utile fare una rubrica in cui utilizzo me stessa come esempio per dimostrare le varie differenze. I suggerimenti che seguono sono validi sia per i fotografi, sia per le donne che vogliono farsi degli autoritratti sensuali, in quanto i principi di massima sono i medesimi.
Ci tengo a fare una premessa doverosa: da dieci anni amo realizzare autoritratti ma solitamente hanno un fine più emozionale e meno sensuale, l’approccio è diverso per me, nel senso che punto sul messaggio o stato d’animo anche se uso il corpo e non viceversa, inoltre bisogna tenere conto che le fotografie che seguiranno sono difficili da fare perchè si devono considerare tante cose contemporaneamente e la mobilità è più limitata. Quindi ci saranno degli errori che con un soggetto magari non farei. Ad ogni modo penso che possa servire.
Gli scatti sono di proposito senza alcuna post produzione, mi piace rimarcare l’importanza dell’autenticità e dimostrare che anche una donna di quasi 50anni (io) possa essere sensuale o sexy con inestetismi e senza possedere un fisico da topmodel.
Spero che gradirete la lettura.
Micaela

CON LA FOTOCAMERA

Per realizzare questi scatti serve solo una fotocamera, senza cavalletto e telecomando perchè in questo articolo parlerò degli autoritratti allo specchio.
La luce è naturale, proveniente dalla finestra (laterale), smorzata dalla tenda.
La prima cosa che bisogna fare è un’analisi del corpo: quali sono le parti da nascondere o mimetizzare e quali le parti migliori ? Nel mio caso la pancia è sicuramente la parte che non amo mostrare, dovrei fare gli addominali ma sono pigra. Le parti migliori sono sicuramente le gambe che grazie al cielo non hanno smagliature o cellulite e il seno che, se sostenuto da un reggiseno di taglia giusta, può essere un bel decoltè.
Per la pancia il suggerimento è quello di usare kimono, pelliccia, camicia, accappatoio ecc. lasciati aperti ma che riducono a livello visivo il contorno della vita, ovvero i fianchi. Dato che vi voglio molto bene 😉 potevo scegliere qualcosa di più coprente o facile tipo una coperta, ma ci tenevo a farvi vedere come la corporatura cambia a seconda della posa utilizzata, delle braccia/mani usate per nascondere i fianchi o della scelta della lingerie per spezzare la zona centrale.
Se cliccate sulla scheda potete leggere meglio le mie annotazioni.

Due tipi di culotte a vita alta contenitivo: quella a sinistra è più alta ma su di me fa un blocco che non mi piace, per cui ho scelto una più bassa, a destra.
Vedete come cambia il corpo se non si sta dritte, ma si crea una curva? Non ho tirato in dentro la pancia. La mano l’ho usata per coprire il fianco.
I fianchi vengono nascosti.
Le linee rosse significano errore
Questa serie non mi soddisfa, infatti le ho scartate tutte.
Create sempre una curva col corpo, risulta più snello, sensuale, dinamico.
Questi sono i provini senza post che preferisco e che ho usato per convertirle in foto in bianco e nero.

Se nella galleria precedente ho trattato la pancia, in quella successiva dò la priorità alle gambe (foto scattate qualche mese fa).

Nelle fotografie sotto invece ho valorizzato il seno, nascosto la pancia con la giacca nera che si confonde con lo sfondo nero.

CON IL CELLULARE

Col cellulare sicuramente tutto è diverso, perchè non hai il peso della fotocamera, riesci a muoverti più liberamente e il grandangolo permette una più ampia inquadratura. Attenzione però all’effetto di distorsione, che se tenuto troppo vicino al viso deforma la vostra immagine.
Le foto sotto mi piacciono, ma per fare gli autoritratti di solito uso la fotocamera, anche se tra cavalletto e telecomando diventa un’impresa non indifferente.

Sotto una dimostrazione di come certe pose possono essere usate per noi stesse o per i soggetti ritratti.

Se volete approfondire l’argomento vi ricordo i due libri che ho scritto, nel secondo “Le pose Boudoir” rappresentate sono 350! https://scuoladiboudoir.com/libri/

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Come capire la propria taglia di reggiseno

Lo sapevate che solo il 10% delle donne indossa la giusta taglia di reggiseno? Una ricerca di mercato* evidenzia che in Italia il 90% delle donne non sa scegliere il reggiseno adatto.
[*Ricerca Triumph citata nell’ articolo “La formula del Reggiseno è un’equazione in 3 D” di S. Marchetti-su “La Repubblica” dell’ 8/9/2011]

Il Bra Fitting ossia “adattamento del reggiseno”, dalle parole inglesi Bra (reggiseno) e Fitting (da to fit, adattare) è un innovativo sistema professionale per trovare la forma, la misura e la vestibilità perfette del reggiseno, che valorizzino al meglio le caratteristiche e l’unicità di ogni seno e di ogni silhouette.

Non è solo una questione estetica: la scelta del reggiseno “sbagliato” può provocare danni alla salute (irritazioni della pelle, infiammazione del seno, danni alla schiena e alle spalle). Indossare il reggiseno giusto consente di preservare il proprio benessere, ed assicurarsi confort in ogni occasione e in ogni momento della giornata.

Scuola di Boudoir ha realizzato questo video in cui la nostra Enrica mostra passo per passo come avviene la misurazione, per capire la propria taglia di reggiseno.

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Storia ed evoluzione della lingerie

A ogni epoca il suo underwear, a ogni civiltà la sua sottoveste. Scopriamo in un viaggio nel tempo cosa si celava nel cassetto della lingerie delle donne, dalle epoche più remote a oggi.

Le prime tracce di biancheria intima risalgono all’antico Egitto, quando le donne aristocratiche indossavano sottovesti sotto i propri indumenti. Più tardi a Roma, invece, mentre gli uomini preferivano non portare nulla sotto la tunica, le donne contenevano i seni dentro un mammillare, ovvero una fascia di pelle, antenato illustre del moderno reggiseno. A quei tempi per l’attività sportiva oltre che il petto, c’era l’uso di fasciarsi le parti basse, il supparum e il subligaculum erano pezzi di lino passati tra le cosce e fasciati intorno alla vita, anche dalle donne.

Quelli del Medioevo potrebbero essere stati secoli bui anche per le mutande, eppure, resta curioso il caso di un altro capo di intimo: la giarrettiera. Nel 1374, infatti, Edoardo III d’Inghilterra fondò stranamente un nobilissimo ordine intitolato proprio al laccetto che stringeva le calze sulle cosce, tanto degli uomini che delle donne. Secondo fonti non accreditate, il più antico ed eccezionalmente esclusivo ordine cavalleresco del Regno Unito prenderebbe il nome da un episodio che vede protagonista lo stesso sovrano: al solo fine di aiutare a indossarla di nuovo, Edoardo raccolse la giarrettiera della contessa Giovanna di Kent,  scivolatale accidentalmente dalla gamba nel corso di un ballo. «Vituperato sia chi ne pensa male», gridò poi per mettere a tacere bisbigli e gridolini che si erano sollevati nella sala. Comunque sia andata, la giarrettiera sormonta il famoso stemma dell’ordine e queste parole costituiscono il motto inciso sul blasone.

Le mutande, invece, sono frutto della mente ingegnosa e pragmatica di Caterina de’ Medici che le indossava per proteggere l’intimità durante le passeggiate a cavallo. Presto diventano un accessorio di lusso con ricami, laccetti e pietre prima che la Chiesa ne proibisca l’utilizzo.

Quel bellissimo strumento di tortura che passa sotto il nome di bustino arriva invece nel guardaroba femminile intorno al 1600. Si tratta di un corsetto costruito con stecche di balena e chiuso da ganci che serviva per modellare il punto vita fino a farlo diventare il più piccolo e affusolato possibile. Nei secoli, si registreranno addirittura morti per soffocamento per l’utilizzo estremo di questo accessorio intimo.

Tornando ai mutandoni, questi ripresero ad essere indossati con l’avvento della crinolina. Anch’esso capo di intimo, si tratta di quella struttura circolare e rigida (appunto perché in origine fatte di crine) che nell’ottocento gonfiava le gonne a dismisura, accentuando così la sottigliezza della vita di chi le indossava. Mamma della crinolina era stato il guardinfante, così chiamato perché pensato nei due secoli precedenti per difendere dagli urti l’addome delle donne incinte. Figlia della crinolina, invece, la tournure che, come la crinolina, siamo abituati a vedere in dipinti d’epoca o in pellicole in costume: sottogonna rotondeggiante, capace di far gonfiare il fondoschiena delle signore al pari di un pallone.

Si deve al Novecento l’introduzione della lingerie femminile che ancora oggi s’indossa. Il reggiseno nasce da un esperimento di una signora newyorkese, Caresse Crosby, che crea una sorta di fazzoletto incrociato con nastri per sorreggere il petto. I corsetti, intanto, vengono visti come un retaggio del passato, mentre i mutandoni iniziano ad accorciarsi fino a diventare uno slip. 

1920

I ruggenti anni 20 vedono la nascita della moda “Garçonne” che prediligeva un seno piccolo e una silhouette mascolina, più snella e dai fianchi stretti. Il reggiseno detronizza definitivamente il corsetto, fino a diventare addirittura una fascia pensata per nascondere al massimo il seno.

1930

Il corsetto, ormai antiquato e decisamente soffocante, evolve pian piano in una guaina e i fratelli Warner introducono differenti taglie di coppa – dalla A alla E – e le spalline elastiche. La lingerie diventa più confortevole e discreta.

1940

Dopo 10 anni di ricerca, il nylon fa finalmente la sua comparsa. Rivoluzionando in particolar modo il reggiseno, che cambia radicalmente tutto l’universo della lingerie. Arrivato proprio al momento giusto – durante la seconda guerra mondiale – è efficace (unico, brillante, solido, si asciuga in fretta e si slabbra raramente) ed economico.

1950

La moda Pin-Up riporta in auge le forme del corpo femminile. I reggiseni a balconcino e i guêpières evidenziano le curve dando ancora più importanza all’aspetto sensuale della lingerie. Seno abbondante, vita stretta e fianchi larghi diventano i nuovi canoni di bellezza.

1960

Le autoreggenti tornano nell’ombra, con l’arrivo della minigonna è il momento dei collant. Gli anni ‘60 segnano l’arrivo dei colori e delle fantasie originali.

1970

Maggio 1968: la rivoluzione sessuale, il femminismo e la presa di coscienza del proprio corpo hanno un ruolo non indifferente nella costante evoluzione della lingerie. Parallelamente ai reggiseni bruciati, però, la moda hippie riporta alla ribalta il pizzo. Donne, un eterno paradosso!

1980

Il grande ritorno delle autoreggenti e dei reggicalze: agganciati a corsetti e guêpières diventano un potente simbolo di femminilità, erotismo e seduzione. Tra gli uomini, il reggicalze non è solo oggetto di fantasie erotiche, ma soprattutto di feticismo. La sensualità è mostrata senza tabù né limiti: i pezzi forti sono il tanga e le autoreggenti.

Fonte: https://www.vintachic.it

Sotto una seconda galleria

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SCELTA CONSAPEVOLE TRA LE FOTO

SCELTA DI UNA FOTO : spesso abbiamo foto APPARENTEMENTE simili che un buon occhio allenato vede comunque come molto diverse tra loro, il giusto e il sbagliato non esiste in foto, ma la consapevolezza e la scelta del fotografo.
Tanti fotografi pubblicano a caso, perchè non vedono certi particolari, o peggio pubblicano foto simili tra loro, non AVENDO FATTO UNA SCELTA CONSAPEVOLE.
In questo caso ho due foto:
la prima è più muscolare, la seconda è piu dolce emozionale, vediamo nel dettaglio. 
Nella PRIMA la linea del mento e del collo sono più accentuate, marcate, come il muscolo del braccia che è in tensione, valorizzando la fisicità e la muscolatura di Francesca. La mano ha più tensione, è più forte, stringe, è appassionata e passionale. 
Le gambe sono allineate, la linea del sedere rende il fondoschiena più bello. I capelli di contro sono messi meno bene, meno in ordine che scendono. Le punte dei piedi non sono in tensione. 
Nella SECONDA percepisco meno forza, muscolatura, passione, ma più dolcezza, emozione dovuta alla mano appoggiata e non forzata, i capelli scendono giù meglio, i piedi sono più aggraziati. 
In questo caso devo SCEGLIERE tra la forza, l’impeto e la dolcezza. 
Ecco che il messaggio cambia .

Francesca Dagrezio insegnante di posa di Scuola di Boudoir
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LA TIMIDEZZA NELLA FOTOGRAFIA, È UN OSTACOLO?

La timidezza può rappresentare un grande ostacolo per chi inizia a fotografare, ma è veramente un ostacolo ? Analizziamolo insieme.
Premetto che chi mi conosce oggi si stupisce quando svelo che sono stata molto timida e a tratti in alcune situazioni lo sono ancora, ma non lo do a vedere.
Se può servire come incoraggiamento vi dico che quando ho comprato la reflex, non avendo mai fotografato pensavo che andare in giro con questa macchina costosa significasse per chi guardava da lontano, essere bravo e un professionista, per cui per strada giravo con la fotocamera e se dovevo guardare il display per controllare la foto scattata, mettevo la mano sopra per nasconderla ai passanti perché avevo paura che fosse sovraesposta. Si perché ai passanti interessa cosa faccio io e ancora , i passanti vedono a raggi x la mia foto, no?! Ma sappiamo che quando uno è insicuro si inventa tutto nella propria testolina!
Una sera ricordo che sono andata a teatro a vedere un concerto e mi sono portata la mia fotocamera, era la prima volta che fotografavo un evento pubblico. Ho scoperto poi che era vietato ma qualche scatto l’ho fatto tutta piegata per non farmi beccare.
Non ci crederete ma dietro di me un signore mi fa “ma noo! io non metterei quelle impostazioni !!!!” e scoprire poi che era un fotografo o presunto tale. La mia paura si era materializzata, da non crederci  uahh ah ah ah 

Volevo sprofondare!
Continuo dicendovi che ho iniziato presto a fotografare le persone anche in studio per progetti artistici o sociali, non le conoscevo ma mi ero messa in testa come sfida che volevo in un breve tempo riuscire a raccontarle, valorizzarle, metterle a proprio agio senza sapere chi fossero e senza avere la padronanza della fotografia.
La passione per la fotografia era di gran lunga maggiore della mia timidezza, ma in qualche maniera la tensione doveva uscire e infatti per stress e timidezza sudavo.
Così mi ero organizzata con 3 magliette identiche che cambiavo durante lo shooting senza che le persone scoprissero il mio imbarazzo, anche perché ero io a dover rassicurare loro e non viceversa!
Un altro episodio che mi viene in mente è il primo workshop di ritratto che ho fatto, di due giorni in cui l’insegnante ci ha spronato a turno a farci fotografare per capire meglio cosa si provava. Bene…..quando è toccato a me, la 2° del giro, io sono diventata non rosso peperone ma blu, l’insegnante “carinamente” ha preso me come esempio di soggetto timido, volevo morire.
Tutto questo per dire cosa ? Che se l’ho superata io, la potete superare anche voi.
La timidezza certo può essere un ostacolo, ma dipende se la fate come amica o nemica.
Usarla come amica significa non nascondersi dietro ad essa, ma vederla come valore aggiunto di sensibilità, siete una persona sensibile e timida, non siete freddi, cinici, insensibili, arroganti. E consiglio vivamente di non nasconderlo agli altri, intendo dire che se vi trovate in un momento di imbarazzo, ditelo! “scusami ma sono all’inizio sto imparando” oppure ” sembro timido, in realtà è vero lo so e ci sto lavorando” o puntare sull’ironia e autoironia. Insomma se lo dichiarate che lo siete, la gente non solo apprezzerà la vostra sincerità ma farà in modo di farvi sentire meglio.
E poi scusate ma non siamo tutti uguali, non siamo robot e siete solo timidi, non avete ammazzato nessuno.
Ma vi dico anche che più vi sforzate di fotografare e di stare a contatto con le persone e più sarete meno timidi, prenderete coraggio e sicurezza ogni giorno di più.
Ci sono attori famosi che hanno iniziato a fare recitazione proprio per superare questo problema e nessuno lo immaginerebbe.
Ciò che allontana le persone e fa si che un ritratto non venga bene è la distanza che si percepisce tra un soggetto e l’altro, se voi siete distanti, in imbarazzo sicuramente il vostro ritratto farà fatica a concretizzarsi e questo perché la famosa “connessione” non avviene, ma se voi dite al vostro soggetto ” perdonami ho problemi di timidezza, ma ti trovo molto interessante e vorrei fotografarti” vedrete all’istante che la persona si scioglierà perché avrete ammesso una vostra fragilità, lo avrete dichiarato, e al contempo l’interesse verso l’altro è maggiore da superare il vostro problema.
L’avrete conquistata all’istante e piano piano vedrete che la vostra timidezza si scioglierà da sola.
Diventa un ostacolo invece se la fate vostra nemica, se non vi mettete alla prova, se non la utilizzate per migliorare come persone, se vi chiudete ancora di più in voi stessi, allora si che diventa una strada senza uscita.
In bocca al lupo 😉

Autore: Micaela www.micaelazuliani.com

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Boudoir, erotismo, pornografia. Il confine dell’arte.

Il confine tra ritratto, fotografia sensuale, boudoir, erotismo, nudo, pornografia è molto labile, non è tanto il cosa si rappresenta (nudo o vestito) ma il come. Il come influenza enormemente il risultato, dando una accezione volgare o elegante all’opera realizzata. 
Un nudo ispirato alla scultura greca o alla pittura può essere estremamente elegante, armonico, un piacere da guardare. Anche il tipo di luce scelta incide nel risultato, ad esempio la luce naturale sembra una carezza sul corpo, sulla sinuosità della donna o dell’uomo ritratto. 
Al contrario un soggetto completamente vestito ma in pose eccessive, volgari, senza senso, imbruttiscono l’immagine finale. 
Poi certo può essere una scelta condivisibile o meno. 
Tinto Brass per alcuni può essere considerato volgare per altri semplicemente più fisico, audace, con una rappresentazione della donna più carnale, goduriosa e consapevole di sè mentalmente e nell’accettazione delle sue forme burrose. 
Ecco che la fotografia boudoir può essere essa stessa erotica, accentuando ad esempio l’intensità della seduzione dello sguardo ritratto. 
La domanda più ricorrente che mi sento fare sia ai corsi che tengo sia ai servizi fotografici commissionati è “Cosa vuol dire esattamente Boudoir?” oppure fotografi emergenti che si sentono criticati sui social perchè la loro fotografia per altri colleghi non sembra rientrare nella definizione di “foto boudoir”. 
Il problema è che siamo schiavi dell’etichetta, del così è definito (da altri), che non si è più liberi di sviluppare quell’apertura mentale necessaria per rappresentare le varie SFUMATURE della sensualità, dell’erotismo che convivono interiormente nel soggetto da ritrarre, ma anche in noi che creiamo.
Io intendo il Boudoir scevro da etichette, discriminazioni di taglie, età, abilità disabilità, ma si concentra nel racconto del soggetto nella sua unicità, evidenziandone l’aspetto sensuale, che può in alcuni giorni trasformarsi in erotico, audace o intimista. 
Ecco che nudo, erotismo, boudoir si sfiorano e si confondono perché ciò che conta alla fine è solamente rappresentare la Donna. 
Micaela Zuliani

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Il Boudoir nelle campagne sociali

Fino al 2016 nei libri di settore, riviste, ricerche su Google, il Boudoir veniva rappresentato solo con donne molto belle fisicamente, in alcuni casi molto truccate e molto ritoccate, offrendo un’idea di donna quasi perfetta. L’unica concezione che forse si faceva verso la donna “comune” era nei siti americani in cui venivano ritratte anche le donne con alcuni chili in più.
Quando ho deciso di realizzare il progetto Boudoir Disability ho fatto un’accurata ricerca constatando che sensualità, fotografia e disabilità erano 3 elementi che fino a quel momento non potevano coesistere insieme: nell’immaginario della gente, non solo in Italia ma proprio in tutto il mondo, accantonando un attimo il discorso cattiveria, bullismo, discriminazione, una donna o un uomo con disabilità proprio non si riusciva a immaginare che potesse essere sexy, tanto più in lingerie nel caso di una donna.
Quando Valentina Tomirotti mi ha contattato su messenger , mi stavo già occupando da diversi anni di fotografare in modo sensuale/sexy le donne senza esperienza di posa che mi commissionavano un servizio, e sebbene mi avesse chiesto delle foto di altra natura e vestita, ho trovato normale, naturale proporre ciò che già facevo con tutte le altre donne, con l’aggiunta non lo nascondo, di due caratteristiche che ci contraddistinguono a me e a Valentina: l’ironia e la provocazione.
Fino al 2016 le uniche foto fatte a donne con disabilità dallo stile sensuale erano sicuramente molto più coperte e dove la stampella non si vedeva nella fotografia o la donna era su un letto ma se non leggevi il testo non si capiva che aveva una disabilità.
Ognuno ha il proprio stile e la propria comunicazione, io sono per il dire le cose in modo sincero, onesto, esiste parliamone! tanto più se vuoi informare non puoi fare le cose a metà ed è per questo che sono sempre stata contraria a campagne sociali dove la stampella veniva nascosta, perchè il messaggio così facendo era ambiguo e potevi capirlo solo leggendo il testo, quindi la fotografia aveva perso la sua efficacia.
Grazie al progetto Boudoir Disability che ha avuto riconoscimenti nazionali e internazionali, sia prima con Valentina Tomirotti, sia poi con le donne che l’hanno seguita nelle mie campagne di sensibilizzazione, si è potuto rappresentare una donna che esiste nel mondo, che ha le sue esigenze di essere donna, esigenze di voler essere sensuale, di avere una sana e soddisfacente sessualità, di essere considerata a tutti gli effetti normale, anche se ad esempio una malattia o un incidente all’improvviso della loro vita l’hanno fatta ammalare o decidere di amputare una gamba. E’ rimasta donna.
Ho voluto utilizzare proprio la libertà e la forza irriverente del Boudoir per affrontare il tema della disabilità associata alla sensualità da troppi discriminata; un progetto sociale che ha cambiato non solo il modo di “vedere” le donne con disabilità ma la fotografia Boudoir stessa.
Se prima infatti il Boudoir era una fotografia di nicchia, oggi risulta popolare ovvero per tutti. La Libertà di poter essere se stesse in modo autentico senza sottostare ai clichè imposti dalla società, per una volta ha prevalso.
Ma come in un altro articolo parlavo della distinzione tra sensualità, erotismo, pornografia e ciò che non è tanto cosa si fotografa ma il come si fotografa, anche qui apro ad un’ulteriore riflessione.
Prima di fare campagne sociali pongo molta attenzione su cosa voglio comunicare e a chi voglio rivolgermi. Se voglio stordire, spaventare, incuriosire, avvicinare. Il mio modo di fare campagne sociali è diretto, ti mostro subito quello che tutti hanno timore di guardare, non mi nascondo e non nascondo il soggetto, ma ciò che secondo me fa la differenza è il modo : non spavento, non drammatizzo, non punto i riflettori su cicatrici, tagli, ma accompagno lo spettatore per mano e gli do il tempo di realizzare e dopo se vuole approfondire. E’ una scelta mirata, decisa perchè il mio scopo appunto è avvicinare e non allontanare spaventando.
Domani sarò all’università di Siena, all’evento “Comizi d’amore” e parlerò insieme all’illustratrice di arte erotica Luisa Cittone, nome d’arte Supercittons del potere della fotografia e dell’arte nella comunicazione, nell’immaginario della donna e nella società. Un dibattito aperto con i ragazzi dell’università sulla femminilità, sulla sessualità, sulla disabilità e sulle campagne sociali, l’importanza della comunicazione in esse.

Ho visto la fotografia di Kirstie Ennis, (la 1° sotto) uno straordinario esempio positivo di donna e seppur bellissima in termini di sensualità, luce, gioco cromatico, mi ha infastidito, allontanato, ritratto. Mi sono confrontata con altre persone ritenendo di essere forse troppo sensibile come operatrice del sociale, tuttavia mi hanno confermato la stessa reazione di disagio.
Uno potrebbe dire “l’importante è che se ne parli ” ma è sempre vero ?
Io penso che una campagna sociale debba avere come unico scopo informare, ma per informare con il testo allegato, portare a leggere il contenuto alle persone, ci devi arrivare, se queste si ritraggono e chiudono prima e magari si rafforza l’idea di chiusura mentale verso certi temi, addirittura potrebbe essere controproducente la campagna sociale.
Occupiamoci sempre di informare, ma non sottovalutiamo l’effetto che può creare sul pubblico. Poi ovviamente ognuno ha il proprio stile.

Sotto alcune fotografie Boudoir sociali


Kirstie Ennis
Boudoir Disability con Valentina Tomirotti
Boudoir Disability
Boudoir Disability
Boudoir Disability
Boudoir Disability
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IL RITRATTO E’ SEDUZIONE

Insita nella fotografia Boudoir c’è sicuramente una componente di ritratto, non si può scindere, approfondiamo quindi per un attimo cosa vuol dire ritratto.
Ritrarre è questione di seduzione!
La frase può apparire alquanto bizzarra, in realtà è il segreto forse più importante che gran parte delle persone che si approcciano al ritratto non considerano minimamente.
Un buon seduttore è colui che ha interesse verso la persona, dimostra curiosità, pone domande, la osserva e cerca di coglierne la personalità.
Il tono di voce, l’atteggiamento è rilassato, accogliente, non prevarica.

Se pensiamo al venditore, i primi insegnamenti in fatto di vendita sono quelli di mostrare curiosità verso il cliente,  sondare quali sono gli interessi e puntare su quelli per avvicinarsi ed entrare in empatia.
Se ci pensiamo è vero, diamo fiducia all’altro quando ci sentiamo ascoltati, compresi, capiti, accettati.

Il ritratto a differenza degli altri generi fotografici parla del soggetto, scontato direte voi eppure per raccontare ciò che abbiamo di fronte dobbiamo conoscerlo, altrimenti avremo una foto superficiale, vuota, che non racconta e non emoziona.

Come nella fotografia sportiva è necessario conoscere le dinamiche del gioco che si va a fotografare; come in un evento folcloristico o un reportage si deve conoscere ed anticipare ciò che avverrà per essere pronti a raccontarne gli sviluppi e i punti di vista differenti; come nel fotografare un certo animale bisogna informarsi su abitudini, tempi, nel ritratto sembra che la conoscenza del soggetto sia un elemento scontato o da non prendere in considerazione.

Ecco che l’errore più frequente che vedo ai miei corsi è proprio quello di dimenticarsi della persona e iniziare a scattare. Ma scattare cosa ?
Non si chiede il nome, non si parla, non ci si interessa, non si comunica ciò che si vorrebbe avere dalla fotografia che si ha in mente, lasciando il soggetto abbandonato a se stesso come fosse in mezzo al mare.
Chiedendo ai modelli, la sensazione più volte vissuta e riferita è proprio questa : l’abbandono in mezzo al mare, con una persona che scatta e non dice nulla se non parole come “alza il braccio, guarda fuori, gira la testa, siediti, stai in piedi.”

Se fotografiamo una partita di tennis, raccontiamo il nostro punto di vista, così se fotografiamo un cane che corre, ma la pallina da tennis ci comunica qualcosa ? Il cane che corre, l’atto degli arti tesi comunica qualcosa a noi che fotografiamo?
Personalmente il ritratto lo intendo come un incontro, che può durare una frazione di secondo o di più, è un contatto, una connessione che si crea tra due persone, due anime, due sensibilità, due mondi. E’ un atto d’amore perché in quell’istante decidiamo insieme di venirci incontro l’uno verso l’altro, di comprenderci, di capirci, accettarci, INCONTRO che può avvenire solo con generosità, dandosi e anche perdendoci.
Ecco che se non c’è interesse, se non si ha voglia di conoscere la persona che abbiamo di fronte, non abbiamo voglia di violentarci per la nostra timidezza che ci blocca, se non proviamo a conoscerla e a capirla, il ritratto non potrà mai esserci.
E’ sicuramente uno scambio che tuttavia è diretto da un regista o da un seduttore: il ritrattista.

Ma non solo! Sedurre significa letteralmente portare a sé, ecco che se noi siamo dei seduttori potenziali, non solo riusciremo a conoscere la persona, creare quella fiducia necessaria, ma riusciremo anche a convincerla con il gioco, la leggerezza, il compiacimento delle nostre idee a far fare cose che inizialmente avrebbe rifiutato e questo semplicemente perché la persona si fida di noi e ha deciso di lasciarsi andare prendendo la nostra mano verso il salto nel buio che è il Ritratto.

E per ultimo ….. il ritratto è seduzione, è amore, perché l’oggetto del tuo amore anche solo di un istante, lo vuoi valorizzare, non lo vuoi imbruttire, schiacciare o rendere ridicolo o insignificante.

E non ci sono luci, flash, modelle professioniste esperte che tengano, se uno non si interessa a chi sta fotografando non potrà portare a casa un buon scatto che emoziona.

Ricordatevi che i complimenti e le lusinghe fanno pavoneggiare chiunque.

Autore: Micaela: www.micaelazuliani.com

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